27 marzo 2013

Vinitaly, poi......

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Quest'anno avevo deciso inizialmente, qualora fossi andato a Verona, avrei fatto una toccata e fuga. Dedicando i giorni di fiera risparmiati a cercare di portare a casa qualche ordine e Cliente "sano" vsto lo stato terminale del meracto nazionale. Ma poi, (per fortuna e grazie a Bacco) mi sono balenate un paio di idee che meritano di essere approfondite in fiera. Oltre ad un ambizioso progetto che grazie ad un paio di Amici sta per iniziare. Insomma InVinoVenditas avrà nuovi partners commerciali e importantissime novità. Vinitaly, poi......

9 marzo 2013

il Rabarbaro

Il greco Dioscoride, celebre farmacologo dell’antichità, parla di una radice curativa chiamata rha: anzi, rha–barbarum, vista la sua provenienza dal Bosforo, attraverso un lento percorso fluviale lungo il Volga. Diversi secoli dopo Marco Polo, che ben conosce il rizoma del rabarbaro, ne scrive nel suo Milione: “E la grande provincia…..è chiamata Cangut. E per tutte le sue montagne si truova lo reubarbaro in grande abondanza…..”. Durante il Medioevo il rabarbaro, soprattutto quello cinese, si afferma nella farmacopea europea per le sue virtù terapeutiche; per questo i governi del Vecchio Continente cercano a più riprese di assicurarsi il monopolio del prezioso rizoma. È solo nel 1772 però che la Russia, attraverso una società di intermediazione tartara e grazie al pagamento di una tassa al governo cinese, acquisisce l’esclusiva dell’intera produzione di rabarbaro: la ricercatissima radice comincia così ad arrivare sui mercati europei con l’etichetta di “Rabarbaro della Corona”, o “Rabarbaro di Moscovia”.
Ed eccoci finalmente alla prima metà del XIX secolo, quando si esce dalla sola farmacopea per entrare anche nella liquoristica. Siamo in Italia, a Milano: Tilde Beduschi, moglie di Ettore Zucca, sperimenta una ricetta a base di rabarbaro che il suo medico le ha prescritto per alleviare alcuni fastidiosi disturbi digestivi. La pozione non solo ha successo, ma risulta anche piacevole al gusto e all’olfatto, al punto che Ettore Zucca intuisce che può diventare una bevanda benefica e gradevole per tutti. Carlo, figlio di Ettore, dà seguito all’iniziativa paterna, e trasforma la piccola bottega artigianale di famiglia in una moderna industria. La terza generazione degli Zucca, quella di Emilio e Gerolamo, avvia l’espansione aziendale al di fuori della città di Milano; alla vigilia della Prima Guerra Mondiale vengono così acquistati alcuni caffè in posizioni chiave di altrettante grandi città, Milano, Torino e Parigi. Ecco allora che il “Caffè Zucca” apre e chiude le serate meneghine della Scala, accoglie i nostalgici del vecchio Piemonte sabaudo per la capitale perduta a Torino, e fa da  trampolino di lancio per molti importanti riconoscimenti internazionali a Parigi.
Oltre al successo commerciale arrivano anche i primi, prestigiosi attestati di immagine. Il Professor Murri, conosciuto all’epoca come il miglior diagnostico d’Italia, scrive nel 1925 a una sua paziente: “Cara Signora, il rabarbaro non può che farle bene; l’ottimo preparato dello Zucca, delizioso al palato, le riuscirà doppiamente utile”. La stessa Casa Reale dei Savoia, accertati i pregi del prodotto, autorizza l’azienda Zucca a fregiarsi del titolo di “Provveditore della Real Casa”.
L’allargamento del mercato e la crescita dell’immagine favoriscono inoltre la nascita di nuove marche di rabarbaro, da parte di aziende private (p.es. Bergia, Carlotto) o di piccoli opifici conventuali (p.es. Camaldolesi).
Come si ottiene il liquore a base di rabarbaro? Il prodotto è realizzato impiegando i rizomi della pianta posti in infusione insieme a corteccia di china e di arancio amaro, semi di cardamomo e altre erbe medicinali (come genziana, quassio, garofano, ecc.). Passati dieci giorni circa di riposo, la bevanda viene filtrata e imbottigliata, ed è quindi pronta per il consumo.
Di colore ebano, il liquore al rabarbaro stimola le papille gustative con il suo gusto amarognolo, che pulisce gradevolmente la bocca e persiste lungamente sul palato. A livello dell’apparato digestivo, lo scuro elisir esercita il complesso delle sue azioni eupeptiche, in quanto aumenta il flusso della secrezione gastrica ed eccita la motilità, favorendo l’elaborazione del contenuto dello stomaco. Inoltre, agendo sulle secrezioni del fegato che veicolano i sali biliari, aiuta l’intestino a regolare l’assorbimento dei lipidi.
Come si consuma il liquore a base di rabarbaro? Ottimo come aperitivo, può essere apprezzato liscio anche dopo il pasto, in un classico bicchiere a stelo. D’estate è ideale se miscelato con acqua gassata o shakerato con cubetti di ghiaccio, a mo’ di bibita dissetante a bassa gradazione alcolica; d’inverno è gradevole se servito caldo, come punch. È infine uno stuzzicante ingrediente di base per numerosi short e long drink, secondo la fantasia del barman.


fonte (Piero Valdiserra)

11 novembre 2012

Zucca


Il mio Risotto alla Zucca (Sig.ra Anna Stival)
Dosi per 6 persone: 300 g di riso Sant'Andrea o Ribe o Carnaroli, 400 g di zucca pulita, 1 rametto di rosmarino, 2 bicchieri di vino bianco, Olio extra vergine di oliva Integrale Moletto, sale, pepe, una noce di burro, formaggio parmigiano-reggiano grattugiato, brodo vegetale.
Preparazione:
Tagliare la zucca a pezzettoni, metterla, a freddo, in una casseruola con il vino, l'olio e il rosmarino legato. Cotta la zucca, togliere il rosmarino e passarla al setaccio.
Tostare il riso con l'olio, aggiungere la zucca, e procedere alla normale cottura.
Infine aggiungere il pepe e mantecare con burro e parmigiano. Il risotto dovrà avere consistenza morbida, all'"onda".
Vini consigliati:

Lison Classico
Docg Lison
Sauvignon
Igt Veneto Orientale

La Foto è stata scattata al Mercato di Campo de' Fiori a Roma

2 febbraio 2012

Vini del Ghiaccio / Ice Wines

Visto il clima "Siberiano" che in questi giorni imperversa sulla terra Italica, vi propongo questo interessante articolo, che ho letto tutto d'un fiato, scritto dalla bravissima Maria Luisa Alberico - Direttore Donna Sommelier Europa

Cosa sono i Vini del Ghiaccio
Il vino del ghiaccio è, in una suggestiva immagine, figlio del volto invernale dell'acqua, prodotto e vinificato in condizioni estreme, acqua e vino in un binomio di eccellenza per una qualità ricercata.

In alcune zone dell'Europa centrale e del Canada, a novembre, è assolutamente normale che l'uva si trovi ancora tutta sulla pianta e che vi trascorra anche per mese di dicembre e buona parte di gennaio. L'azione del gelo disidrata il frutto e permette una concentrazione dei succhi, intensificando così gli aromi ed i profumi del vino ottenibile. Gli acini, raccolti congelati, vengono dunque pressati in condizioni di freddo estremo, con temperature che si aggirano intorno ai -10 gradi centigradi. In questo modo, la parte acquosa del frutto, costituitasi in cristalli, può essere scartata, consentendo di ottenere non più di qualche pregiatissima goccia di succo concentrato. Il risultato è quindi un mosto molto zuccherino che darà un vino particolarissimo chiamato Icewine, Eiswein o ancora Vin de Glace, vale a dire "vino del ghiaccio". In seguito il vino è lasciato ad una lenta fermentazione naturale che dura svariati mesi e che andrà ad arrestarsi naturalmente. Gli esperti sono concordi nel ritenere la Germania di fine '700 il paese natale dei vini del ghiaccio. In quei primi tempi peró, l'Eiswein era un prodotto casuale: solo a partire dal 1960 un numero sempre maggiore di viticoltori ha riconosciuto il fascino dell'Eiswein, producendolo regolarmente ogni anno.

Gli Eisweine sono prodotti oggi in alcune zone della Germania, sui dolci pendii della zona del Rheingau e della Mosella, in Austria, sulle colline del Burgenlad che abbracciano il Danubio, nella verde Alsazia e lungo le pendici dei Pirenei nel Sud Ovest francese e , in Italia, in Valle d'Aosta, a Morgex, ai piedi del Monte Bianco, nella fredda e ventilata Val d'Arda, nel piacentino e sulle colline del Cuneese, in Piemonte, ma anche oltreoceano nelle immense distese vitate della penisola del Niagara in Canada e lungo le sponde del lago Ontario, dove questi preziosi vini sono noti come Ice Wines.
Durante le più fredde notti d'inverno, dunque, si compie allora il prodigio dell'Icewine. Con l'aiuto di lampade e riflettori, decine di vendemmiatori tagliano, rigorosamente a mano, i grappoli gelati.
La produzione è estremamente bassa, circa il 5-10% di una normale vendemmia, mentre la qualità varia molto a seconda di quanto il clima abbia agevolato sia la maturazione sia il congelamento dei grappoli.
Le uve impiegate tradizionalmente in Europa sono il Riesling renano, il Pinot noir, lo Chardonnay, il Gewurztraminer, il Muskat Ottonel, in Italia il Moscato bianco, la Malvasia di Candia, il Priè blanc di Morgex, ma anche ibridi appositamente coltivati, come il Vidal Blanc e il Baco noir in Canada.

I "Vini del ghiaccio", estrema concentrazione del succo zuccherino in ottimo bilanciamento con l'acidità, si propongono come veri vini "da meditazione", il cui sapore lascia riconoscere note di frutta secca ed esotica, aromi tostati, miele. Apprezzabili in accompagnamento a dessert non particolarmente dolci, ma anche a fois gras e a formaggi erborinati, si propongono come piacevole scoperta all'interesse di tanti cultori del vino e delle sue magiche interpretazioni.

Fonte: lavinium.com